
BASILICATA
DENOMINAZIONE
La Basilicata è l' unica regione d'Italia che possiede due nomi: Basilicata e Lucania. Al contrario di quanto si potrebbe pensare i suoi abitanti non si chiamano Basilicatesi ma Lucani.Il nome Basilicata deriva da Basilicos parola che nel 600 d.C indicava il funzionario che governava il territorio per conto dell' imperatore.Il suo nome originario è pero Lucania derivato dal popolo dei Lucani che abitò gia la regione prima di cristo.POSIZIONE GEOGRAFICALa Basilicata è situata nell' Italia meridionale.Confina:a Nord con la Campania e la Puglia;a Est con la Puglia;a Ovest con la Campania;a Sud con la Calabria;a Sud-Ovest è bagnata dal Mar Tirreno;a Sud-est è bagnata dal Mar Ionio
TERRITORIO - CLIMA - AMBIENTE
Il territorio della Basilicata è prevalentemente montuoso (46,8%) e collinare (45% circa) e possiede un'unica grande pianura : la Piana di Metaponto.

Monti
Massiccio del Pollino
(Serra Dolcedorme - 2.267 m)
Massiccio del Sirino (Monte Papa - 2.005 m)
il Monte Alpi (1.900 m)
il Monte Raparo (1.764m)
ed il complesso montuoso della Maddalena ( Monte Volturino - 1836 m )
costituiscono i maggiori rilievi dell'Appennino Lucano
Nell'area nord-occidentale della regione è presente un vulcano spento,il monte Vulture.
Pianure
La pianura più estesa è la Piana di Metaponto che occupa la parte meridionale della regione.
Laghi
Il lago di Monticchio ha un origine vulcanica.
Fiumi
ORGANIZZAZIONE POLITICO-AMMINISTRATIVA
-
stemma
-
Capoluogo: Potenza
Province
Matera
Potenza
Comuni principali
Melfi - Policoro - Lavello - Rionero in Vulture - Lauria - Bernalda - Venosa - Avigliano - Montescaglioso
POPOLAZIONE
La popolazione è concentrata per lo più nei grossi centri, infatti il 56% abita nei 12 centri più grandi della regione, il 27% invece vive nei centri medi, cioè quelli compresi tra i 5.000 e i 9.999 abitanti, il restante 17% vive nei piccoli comuni.










Pasta
“Tu, pasta, della tavola regina, cui giusto omaggio rende, reverente, chiunque se ne intenda di cucina” Doverosamente canta il poeta. Perché la pasta è orgoglio della mensa, delizia del palato, cardine dell’alimentazione. Ed ancora si esprimono i vati: “Oh, si, infelice per sempre colui Che non di persona, ma sol dall’altrui Labbro la lieta novella ne avrà” Ma se mangiare pasta è un piacere, farla come si deve è un’arte che affonda nella tradizione artigianale le radici della sua eccellenza: amorose mani dell’operatore che la stendono su appositi telai, essiccamento all’aria per 36 lunghe ore, ecc. E’ per questo che la Toscana, patria dell’arte e del vino, Produce pasta che si affianca a quella, Pure ottima, di Fara S. Martino”.

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Dialetti gallo-italici di Basilicata
Situazione linguistica nell'Italia odierna con le isole linguistiche eteroglosse e alloglosse
Il galloitalico di Basilicata[1], come si evince dal nome, identifica una serie di isole alloglotte all'interno della Basilicata, composte da comunità nei cui dialetti si riscontrano caratteristiche, soprattutto fonetiche, di tipo settentrionale, appartenenti cioè a parlate della famiglia dei galloitalici, diffusa nell'Italia Settentrionale.
I dialetti galloitalici sono collocati in due aree strategiche importanti della regione: un primo nucleo è presente sulle alture che sovrastano il golfo di Policastro (Trecchina, Rivello, Nemoli con appendici recentemente individuate nei dialetti di Tortorella e Casaletto Spartano già in provincia di Salerno); il secondo è collocato sullo spartiacque ionico-tirrenico lungo la direttrice Napoli-Salerno-Taranto (dialetti di Picerno, Tito, Pignola, Vaglio e della stessa Potenza con tracce settentrionali anche a Ruoti, Bella, Avigliano, Cancellara e Trivigno).
La scoperta[modifica | modifica wikitesto]
Il filologo Gerhard Rohlfs, al quale si deve nel 1931[2]l'individuazione di questa serie di parlate, descrive la particolarità dei suoni ascoltati durante il viaggio da Salerno a Taranto nei pressi delle cittadine di Picerno, Tito, Potenza e Vaglio Basilicata:
« ... Il viaggiatore che, in uno scompartimento di III classe nel tragitto da Napoli a Taranto, presti attenzione alla conversazione dei contadini che salgono ad ogni stazione, si renderà subito conto che nel primo tratto – se si trascurano variazioni nell'intonazione e differenze locali minime – la base linguistica è sorprendentemente unitaria. Ma subito dopo la profonda valle del platano, dalla stazione di Picerno in poi il quadro cambia. Improvvisamente arrivano all'orecchio del viaggiatore forme foniche che non si adattano assolutamente alla situazione osservata fino a quel momento... E così si continua anche dopo che il treno ha superato le stazioni di Tito e Potenza. Soltanto a partire da Trivigno queste caratteristiche scompaiono e, mentre il treno tra le brulle e selvagge montagne della valle del Basento si dirige verso il golfo di Taranto, ricompare improvvisamente la situazione linguistica che, appena due ore prima, era scomparsa così improvvisamente e in modo così inspiegabile... »
Prima delle osservazioni di Rohlfs, i dialetti galloitalici non erano percepiti come "altri" rispetto al contesto lucano: i tratti della "settentrionalità" sono infatti stemperati in una significativa componente meridionale che è la conseguenza di un processo secolare di convergenza.
Origine[modifica | modifica wikitesto]
Scarse tracce documentarie e le caratteristiche presenti nella componente settentrionale di questi dialetti inducono gli studiosi (Heinrich Lausberg, Max Pfister, Edgar Radtke, Alberto Varvaro) ad associarne l'origine al trasferimento in Basilicata nel XII secolo di nuclei di popolazione originaria dell'Italia settentrionale giunti al seguito di signori feudali in epoca normanna (XII secolo)[3] e angioina (XIII secolo).
L'area d'origine di questi coloni viene circoscritta oggi a un territorio compreso tra il Piemonte meridionale e l'entroterra ligure, e diversi indizi suggeriscono di spostarla ulteriormente sul settore montano della provincia di Savona: questo territorio fu a lungo possesso degli aleramici marchesi di Monferrato, che in epoca normanna ebbero la contea di Policastro in Basilicata con Enrico del Vasto e suo figlio Simone, a capo degli Aleramici di Sicilia e dei Lombardi di Sicilia[4]. Dalla collocazione in prossimità di scali e vie di comunicazione è evidente la funzione strategica, di controllo del territorio, che si associò a questi popolamenti.
Non è comunque da escludere che l'insediamento settentrionale interessasse in passato anche altri centri della Basilicata, poi assorbiti dalla realtà dialettale circostante.
Altre importanti colonie galloitaliche, che presentano una situazione analoga a quelle della Basilicata, si trovano in Sicilia, tra la provincia di Enna (Nicosia, Sperlinga, Piazza Armerina, Valguarnera Caropepe e Aidone), e la provincia di Messina (San Fratello, Acquedolci, San Piero Patti, Montalbano Elicona, Novara di Sicilia, Fondachelli-Fantina). I galloitalici della Sicilia, che si autodefiniscono lombardi[5], discendono da coloni arrivati durante la dominazione Normanno-Sveva. I Normanni, imparentati con gli Aleramici del Monferrato grazie al matrimonio di Ruggero d'Altavilla con Adelasia, favorirono la colonizzazione della Sicilia centrale e orientale da parte di popolazioni dal Basso Piemonte e dall'entroterra ligure in Sicilia per contrastare la presenza araba nell’isola.
Situazione attuale[modifica | modifica wikitesto]
Le condizioni estremamente precarie della "galloitalicità" lucana non hanno mai supportato la costruzione di una identità specifica per gruppi di popolazione perfettamente integrati nella realtà regionale. Solo di recente, sulla scia dell'interesse scientifico, sono state avviate alcune iniziative per la valorizzazione del patrimonio linguistico altoitaliano della Basilicata, col coinvolgimento delle amministrazioni comunali e di gruppi di cultori e appassionati. Mancano totalmente inchieste e approfondimenti sul numero di parlanti e sullo stato complessivo di salute di queste varietà.